domenica 29 dicembre 2013

Il viaggiatore - Stig Dagerman

Di Stig Dagerman non ne avevo mai sentito parlare. 
Eppure è stato uno scrittore molto apprezzato in patria - la Svezia - dal pubblico e dalla critica.
Un successo con il quale lo stesso autore, uomo inquieto, fragile e durissimo  soprattutto verso se stesso,  ha dovuto fare i conti. 
Insofferente verso ogni forma di “costrizione” e di “ingiustizia”, era vicino agli ambienti anarchici, aveva  curiosità multiformi e anche la sua produzione riflette la molteplicità dei suoi  interessi:  dalla poesia ai testi teatrali, dal romanzo al racconto breve, dal saggio agli scritti apologetici,  Dagerman è stato scrittore piuttosto prolifico, e probabilmente lo sarebbe stato ancora di più, se la depressione non avesse agito da bloccante negli ultimi anni della sua vita, se non l’avesse condotto al suicidio, a 31 anni, nel 1954.

Lascio sogni immutabili e relazioni instabili. Lascio una promettente carriera che mi ha procurato disprezzo per me stesso e unanime approvazione. Lascio una cattiva reputazione e la promessa di una ancora peggiore. Lascio qualche centinaia di migliaia di parole, alcune scritte con piacere, la maggior parte per noia e per soldi. Lascio una situazione economica miserabile, un’attitudine vacillante rispetto ai grandi interrogativi del nostro tempo, un dubbio usato ma di buona qualità e la speranza di una liberazione.
Porterò con me nel viaggio un’inutile conoscenza del globo terrestre, una lettura superficiale dei filosofi e, terza cosa, un desiderio di annientamento e una speranza di liberazione. Porterò inoltre un mazzo di carte, una macchina da scrivere e un amore infelice per la gioventù europea. Porterò infine con me la visione di una lapide, relitto abbandonato nel deserto o nel fondo del mare, con questa epigrafe:
QUI RIPOSA UNO SCRITTORE SVEDESE
CADUTO PER NIENTE 
SUA COLPA  FU L’INNOCENZA
DIMENTICATELO SPESSO”

E’ uno dei quattordici scritti compresi nella raccolta, quello che ne dà il titolo, "Il Viaggiatore".
Nove  i racconti: i personaggi sono gente comune, bambini e nonne, adolescenti, studenti e studenti che non possono più permettersi di esserlo. 
La Svezia si sente poco, nei racconti di Dagerman, e se non ci fosse qualche nome proprio, potrei dire che la radice storico-geografica non esercita alcun interesse sull’autore. 
Ci sono fattorie isolate ,  o appartamenti in condominio  in città anonime e grigie, e poco importa che si chiamino Uppsala o Stoccolma o Vattelapesca. 
Potrebbero  essere  campagne o  sobborghi  di qualunque  città occidentale  i luoghi dove si consumano piccole e grandi tragedie :  bambini colti nel momento della consapevolezza della loro misera esistenza, quasi invisibili (L’auto di Stoccolma), ignorati e snobbati (La sorpresa);  adulti travolti da un attimo che peserà   per sempre,  perché non si può  “avere indietro un unico minuto della sua vita per far sì che quest’unico minuto possa essere diverso” (Uccidere un bambino e Una tragedia minore, i due racconti secondo me più riusciti della raccolta).

In uno scritto postumo , “Stig Dagerman, lo scrittore e l’uomo”, l’autore così parla di sé, in terza persona:
Per quel che riguarda lo scopo Stig Dagerman non dovrebbe avere dubbi, dato che ha iniziato la sua carriera proprio manifestandolo: descrivere, in una forma congeniale alla propria personalità, l’essere umano nella sua lotta per liberarsi dal bisogno, dalla paura, dalla miseria, dalla bruttezza, dalla stupidità e dalle convenzioni contrarie alla vita.

E invece, di fatto, quello che descrive  non è la lotta, ma il momento del fallimento,  della sconfitta, della perdita , della rottura: l’attimo in cui il peso gravoso del bisogno, della paura, della miseria, della stupidità e dalle convenzioni contrarie alla vita sopraffanno l’uomo, e più in particolare il bambino, l’adolescente, e rivelano l’oceano di sofferenza nel quale, privati del candore dell’innocenza, saranno  condannati a vivere. 
Il peso che lui stesso non è riuscito a sopportare.

Nessun commento:

Posta un commento