mercoledì 4 dicembre 2013

Il sentiero dei nidi di ragno - Italo Calvino

Pin
Chissà cosa farà Pin nella mano soffice e calma del Cugino, in quella gran mano di pane, dopo che avrà terminato di camminare insieme a lui nel mare di lucciole. 
Chissà se sopravviverà alla guerra partigiana, se acquisterà una coscienza di classe, se tornerà a tormentare gli avventori delle osterie con le sue canzonacce e con le battute, se diventato grande comincerà ad andare dietro le gonne delle donne, o le disprezzerà, come Cugino, se racconterà della sua avventura fingendo di esser stato Lupo rosso, se…

Pin è un bambino, ma non gioca con i piccoli come lui e non capisce i grandi, con i quali, di necessità virtù, finisce per trascorrere il suo tempo, bevendo vino gratis anche se non gli piace nelle osterie dei carruggi, fino a quando, per aver compiuto una bravata - che niente altro significava rubar la pistola al tedesco, mostrare quanto fosse bravo e coraggioso - finisce in galera, e poi dopo una rocambolesca fuga su per i monti coi il più scalcagnato gruppo di partigiani, quello del Dritto, che è malato, molto malato.
Di questo romanzo, il primo scritto da Calvino, è stato detto di tutto e di più ancora. 
Basta spulciare la pagina di wikipedia per trovare trama, analisi sistematica dei personaggi, dei luoghi, dello stile e del linguaggio, valore traslato etc. 
Ma nessuno potrà dire di questo romanzo meglio di quanto ha fatto Calvino stesso, nella prefazione scritta per la seconda edizione (versione corretta, e mannaggia la morte me la vorrei proprio leggere la prima per individuare le differenze) dopo quasi 15 anni dalla prima pubblicazione. 
La prefazione è davvero uno straordinario pezzo di riflessione sulla letteratura, sul neorealismo, sul bisogno di scrivere, sulla Resistenza, sul tempo in cui il furore ha incanalato l’individualismo in un “sentire” comune. 
Quanto ho adorato quella finta innocenza nel voler cambiare rotta e impostazione, quasi a voler rendere tangibile il furore, che davvero il furore è qualcosa che si sgancia dalla logica e dai programmi:

"(è meglio che riprenda il filo; per mettersi a rifare l’apologia del “neorealismo” è troppo presto; analizzare i motivi del distacco corrisponde di più al nostro stato d’animo, ancor oggi)"
"(Ora ho trovato il punto: questo rimorso. E’ di qui che devo cominciare la prefazione)"
"(Devo ricominciare da capo. M’ero cacciato in una direzione sbagliata: finivo per dimostrare che questo libro era nato da un’astuzia per sfuggire all’impegno; mentre invece, al contrario…"
"Devo ancora ricominciare da capo la prefazione. Non ci siamo. Da quel che ho detto, parrebbe che scrivendo questo libro avessi tutto ben chiaro in testa: i motivi di polemica, gli avversari da battere, la poetica da sostenere…"
E’ un Calvino ancora giovane, ma davvero è già tutto lì.

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